ITINERARIO nel “sistema castellare” di Puglia che, voluto dal re normanno Ruggero II, fu poi perfezionato e rafforzato da Federico II di Svevia e Carlo I d’Angiò: un affascinante viaggio nelle funzioni, reali e simboliche, delle millenarie costruzioni.
I NORMANNI
I Normanni (uomini del Nord) erano una popolazione germanica originaria della Scandinavia e della Danimarca. Nei primi decenni dell’XI secolo, una loro audace spedizione lasciò le Terrre del Nord Europa e si spinse, attraverso i mari, nell’Italia meridionale, al comando di Roberto e Ruggero d’Hauteville (in italiano, poi, d’Altavilla), riuscendo a sconfiggere le truppe bizantine e a impossessarsi della Puglia (1035). I Normanni cominciarono così l’insediamento e le guerre di conquista di tutto il Meridione. Dopo una trentennale guerra contro gli Arabi ultimarono la loro conquista nel 1092 con la conquista della Sicilia. Tutta l’Italia meridionale veniva così unificata sotto il potere di Ruggero II, primo re di Sicilia. È importante ricordare che sua figlia ed erede Costanza d’Altavilla sposerà il figlio di Federico Barbarossa e sarà la madre del grande Federico II di Svevia.
L’incastellamento ad opera dei Normanni rispose prevalentemente all’esigenza da parte dei singoli capi di rendere stabile e garantire il dominio personale sulle località espugnate. I conquistatori rafforzarono, così, la funzione militare e di controllo dei principali castra preesistenti, scegliendoli come sedi amministrative e residenziali, cingendoli con solidissime cinta murarie.
Nei nuclei originari dei castelli di Bari, Barletta, Trani nonchè nelle costruzioni fortificate di Rutigliano, Noicattaro, Bisceglie sono tutt’oggi riconoscibili i segni del sistema castellare normanno.
La dinastia normanna lasciò nel nostro meridione tracce positive e singolarmente illuminate per quei tempi. Ai suoi re va riconosciuto il merito di aver saputo organizzare in un’unica entità statuale e far pacificamente convivere popolazioni assai diverse fra loro per storia, religione, nazionalità, legislazioni. Furono rispettati costumi e tradizioni di tutti i popoli governati, in uno spirito di grande tolleranza, anche religiosa. Alla corte normanna “ognuno poteva liberamente pregare e invocare il dio in cui credeva”.
FEDERICO II DI SVEVIA
Alla fine del secolo XII, alla dinastia normanna successe quella tedesca di Svevia.
Il regno di Federico II diede ulteriore conferma dell’importante ruolo di capoluogo alla città di Bari e all’intera regione Puglia.
È in Puglia, infatti, che Federico II di Svevia (1194-1250), re di Sicilia e di Gerusalemme, imperatore del Sacro Romano Impero, ma privo di una residenza ufficiale per sè e la sua corte itinerante, desiderava tornare nei rari momenti di riposo. Uomo di sangue tedesco e normanno, nato a Jesi, considerò per tutta la vita l’Italia la sua vera patria.
Incoronato ufficialmente imperatore il 22 Novembre 1220, si adoperò per esser giusto con tutti i suoi sudditi e per favorire il loro benessere con opportuni provvedimenti.
Tramite la Legislazione di Capua riorganizzò lo Stato ereditato dai Normanni, rafforzandone gli elementi di centralismo e di controllo sulle forze autonomistiche.
La storia lo ricorda come il Puer Apuliae per l’assidua frequentazione della nostra regione che ebbe nel corso del suo tanto tormentato quanto illuminato regno: ad essa legato per il clima mite, il calore della gente e le abitudini della vita.
Proprio in Puglia egli fece costruire, spesso negli stessi luoghi già scelti dai suoi antenati normanni, una serie di residenze di varia dimensione, foggia e destinazione.
Egli riteneva, infatti, che l’ultima parola sulle strutture castellari spettasse, sempre e comunque, al sovrano.
La realizzazione di questo vasto piano edilizio, intensificato al suo ritorno dalla Crociata in Terrasanta nel 1229, trasformerà in pochi anni la Puglia in una terra di castelli, arrivando a un totale di 39 fra manieri e residenze imperiali. Tante, anche se solo un quinto degli oltre 200 castelli che fece erigere in tutta Italia. Questa sua irrefrenabile passione, che gli valse persino la critica di un suo fedelissimo – Tommaso – Giustiziere di Gaeta, il quale convinto che ci fosse “una sola fortezza veramente inespugnabile: l’amore dei sudditi”, gli scrisse “Sarebbe stato assai piu degno di Vostra Maestà se le prime opere da Voi erette fossero state un omaggio a Colui cui dovete la Vostra stessa esistenza”.
I castelli, nella concezione federiciana, non erano pensati solo in funzione difensiva. Infatti, l’imperatore preferì sempre erigere o rimaneggiare palazzi, prettamente laici o di interesse bellico, con maggiore senso dell’arte di quanto non abbiano fatto i suoi avi Normanni: così, sorsero i castelli di Gioia del Colle, di Brindisi, di Oria, di Lucera e Castel del Monte.
Essi garantivano soprattutto il mantenimento gerarchico fra cives e potestas, cioè il potere regio sui sudditi, esercitando piuttosto gli strumenti del controllo che del consenso. E Federico aveva individuato proprio nel castello il principale strumento in grado di esprimere la forza dello Stato e la sua capacità di imporla ai cittadini. Ma non solo: fu in questi castelli che si sviluppò la cultura dell’entourage federiciano. In essi, infatti, vi alloggiava la corte e si riunivano i maestri e gli scienziati coi quali l’imperatore indugiava in dotte conversazioni. Qui fiorirono versi in lingua volgare, si tennero splendide feste, ricevendo ospiti illustri, ambasciatori e grandi dignitari. Per organizzare l’attività edilizia all’interno del regno, l’imperatore fece redigere lo “Statutum De Reparatione Castrorum”, pervenutoci attraverso fonti angioine, la cui redazione risale agli anni 1241-1246.
Tutta la Regione risente ancor oggi della cultura federiciana, aperta e tollerante, ricca di spiritualità e cordialità: uno spirito inconfondibile che si avverte soprattutto nei castelli, nella magioni, nelle fortezze, nella cattedrali costruite o riadattate da Federico II per mille finalità: dalla meditazione alla caccia, della riunioni di governo alle dissertazioni scientifiche, alle libagioni.